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Luigi Solito, nuova galleria nell’ex Lanificio

A dieci anni dall’apertura di Spazio NEA in piazza Bellini, Luigi Solito inaugura una nuova sede espositiva nell’ex Lanificio di piazza De Nicola 46 che porta il suo nome: Luigi Solito Galleria Contemporanea.

Si inaugura con la mostra “Almost Home” di Ryan Mendoza, martedì 15 settembre dalle ore 18:30. A cura di Maria Chiara Valacchi.

In contemporanea alla monumentale istallazione della casa di Rosa Parks nel cortile di Palazzo Reale.

Il dualismo filosofico di Heidegger “Ich Bin: io sono, io abito” spiega la pulsione antropologica dell’uomo nel ricercare un proprio luogo di appartenenza; uno spazio che non corrisponde essenzialmente al modulo abitativo per antonomasia, ma alla costruzione di una sfera personale dell’abitare che muta ininterrottamente.

La carriera di Ryan Mendoza sembra seguire questo istinto sin dagli esordi; da quando, circa trenta anni fa, si allontana dalla natia New York per cercare, da Napoli a Berlino, un mondo più confacente fatto di caos, pittura e scultura. Il suo concetto di metabolizzazione dello spazio passa da una pratica di demolizione a una di riedificazione che ne muta drasticamente i significanti; case altrui, spesso sontuosamente decorate, o vecchi studi, diventano essi stessi abitanti della sua stessa opera e protrusioni del suo vissuto liberamente traslati sulla tela per mezzo di cromie terrose, scritte, dripping e figure umane che ne interrompono bruscamente le prospettive. Un lavoro che parte da lontano e che celebra la casa come paradigma del proprio essere: metafora del nucleo familiare, origine delle complesse derive della personalità dell’uomo, punto di partenza dal quale si fugge alla ricerca di un affrancamento ma anche spesso punto di ritorno quando bisognosi di riappropriarsi delle proprie origini.

A Napoli, nel cortile di Palazzo Reale e grazie al supporto della Fondazione Morra Greco, presenta il suo lavoro più massivo, la ricostruzione della casa di Rosa Parks; il luogo dove l’attivista americana visse a Detroit da rifugiata – acquistata dallo stesso artista prima della sua demolizione – smontata e ricostruita quale simbolo contemporaneo contro la segregazione razziale e definita da Mendoza: “un dipinto tridimensionale, il cui significato è generato in parte dall’atto di spostamento”.

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