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Il Teatro del Lemming debutta con Metamorfosi di forme mutate

Il Teatro del Lemming debutta con Metamorfosi di forme mutate

Antimo Casertano racconta la vita dell’artista napoletano Vincenzo Gemito in Gemito – L’arte d’’o pazzo in prima assoluta

Giovedì 8 luglio, al Campania Teatro Festival diretto per il quinto anno consecutivo da Ruggero Cappuccio e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Alessandro Barbano, arriva in prima assoluta nel Cisternone del Museo e Real Bosco di Capodimonte (Porta Miano) la compagnia veneta Teatro del Lemming con “Metamorfosi di forme mutate”,uno spettacolo per gruppi di cinque persone alla volta (ore 19.30; 20.15; 21; 22), di cui firma drammaturgia, musica e regia Massimo Munaro, anche interprete accanto ad Alessio Papa, Diana Ferrantini, Fiorella Tommasini, Katia Raguso, Marina Carluccio (in replica venerdì 9). Un‘immersione radicale, intima e personale nello spazio del rito, del mito e del ricordo. Le Metamorfosi cantate da Ovidio si specchiano, così, nelle tante metamorfosi attraversate da ciascuno di noi, in un continuo movimento fra morte e rinascita. Spiega Munaro: «Le regole per la riapertura dei teatri sono piuttosto gravose.  Esse stabiliscono che in scena gli attori, seppure senza mascherina, devono mantenere una distanza fra loro di un metro e dallo spettatore di due metri. E gli spettatori, fra loro, almeno di un metro. Condizioni che rendono già difficile praticare un teatro che non sia un monologo recitato con pubblico frontale, figurarsi un teatro come il nostro basato sulla relazione ravvicinata e sensoriale con lo spettatore. Poiché però siamo rifuggiti, fin dall’inizio dell’emergenza, dalle piattaforme on-line credendo che la natura del teatro sia in “presenza”, non ci era possibile sottrarci alla sfida. Tanto più che siamo convinti che proprio in quest’epoca di “distanziazione sociale” il teatro e la relazione autentica e viva fra attore e spettatore costituisce un pharmakon oggi più che mai necessario. Abbiamo così accolto le limitazioni indotte dall’emergenza sanitaria senza per questo rinunciare alla specifica poetica sensoriale della Compagnia denominata “Teatro dello spettatore”. Ne è venuto fuori un lavoro che pure riprendendone alcune scene, si configura come un’opera indipendente dal progetto da cui pure è scaturito».

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