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E Adone non lo sa…, la mostra di Gaetano di Riso rilegge un capolavoro del MANN

Un capolavoro della statuaria antica viaggia attraverso i secoli, rivelandosi uno e centomila: nella mostra “E Adone non lo sa…”, in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal 26 gennaio(vernissage ore 17) al 25 aprile, l’artista Gaetano Di Riso presenta dodici tele ispirate ad una celebre scultura che appartiene alle collezioni del MANN. Si tratta di Adone di Capua, opera che dalla prossima estate sarà inserita nel nuovo allestimento della sezione Campania Romana dell’Istituto: il marmo, che risale al II sec. d.C., decorava l’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere. Nell’iconografia antica, il bellissimo giovane, amato da Venere, rappresentava lo spirito della primavera e la natura che rifiorisce: partendo da questa suggestione, Di Riso applica il linguaggio dell’arte contemporanea alla rilettura del mito.

La mostra del MANN, patrocinata dalla Fondazione Banco di Napoli e sponsorizzata dalla Fondazione Plart, raccoglie dodici tele, accostate ad un’installazione lignea intarsiata (non casuale il titolo: dodici facce) e a tre panche che riproducono le suggestioni tratte dalla figura scultorea. Adone diviene creatura surreale e, in un certo senso, legata alla dimensione urbana: nei quadri, in cui sono predominanti i colori da sogno dell’azzurro e del blu sfumato, il giovane è profilo protettivo che sorvola e osserva la città, in pose che riecheggiano la fantasia di Marc Chagall (tela “La distanza); è ponte fra passato e presente come suggerisce il suo busto tagliato in una raffigurazione; si trasforma in creatura antropomorfa come custode di una memoria antica. Al visitatore il compito di andare a caccia di simboli, perdendosi nelle due sale della mostra (94 e 95, accanto al Plastico di Pompei): con resa calligrafica, infatti, Di Riso non si discosta mai dall’originale scultoreo, sempre ben riconoscibile per quanto trasfigurato. La scommessa dell’artista è suggerire un percorso altro, che non rifugge dalle citazioni dotte, come nel caso delle tele “Divina Commedia” e “Villa dei Misteri”: “Ho cominciato a lavorare sulla statua portandola simbolicamente in giro intorno ai luoghi dell’arte, è stato come documentarmi e dimostrare la mia interpretazione dei fatti. Eravamo io e Adone, viaggiatori sulla terra. Abbiamo volato su paesaggi, ponti, case, abbiamo conosciuto gli elementi, creando nuove configurazioni“, commenta Gaetano Di Riso.

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